Primo incontro Festival dei Matti 2013 “Raccontare l’esilio”

Questo il primo incontro della quinta edizione del “Festival dei Matti”.
Si parla di esili.
Esili che producono sofferenza, sofferenza mentale.
Esilio che crea follia e follia che crea esilio.
“Esilio che porta grande sofferenza e indebolimento di diritti civili” come hanno ribadito nell’introduzione a questa tre giorni di Festival, Camilla Seibezzi ed Anna Poma.

Marina Maruzzi incontra Giulia Giraldello ( curatrice di  Se io sono la lingua. Aldo Piromalli e la scrittura dell’esilio, Sensibili alle foglie 2013),  Magda Guia Cervesato,  (autrice di Tso, Sensibili alle foglie 2012) e  Antonio Esposito ( curatore di Come camaleonti davanti allo specchio. La vita negli spazi fuori luogo, Ad est dell’Equatore 2013 ) Elena Cennini (autrice di Tra stelle e ferite, nello stesso  volume )

“Sempre più si sfolla il tuo pensiero  inoltrandosi fra gli uomini incomprensibili”
R. M. Rilke, Poesie Sparse

Il cuore in gola e l’acqua nella bocca fanno tacere le parole. Resta fiato che accelera e smorfia del corpo che si piega. Il silenzio è  il primo verso dell’esilio, il rumore sottratto al dolore che  si porta addosso. Chi riappare  lo può soltanto in parole sconosciute, vuote dell’abitare consueto, spoglie di tutto quello che c’è stato prima.  E nel racconto inaudito che riesce a diventare.  Tre libri, tre biografie squassate dall’esilio, tre vite  negli spazi fuori luogo. Campi di concentramento, carceri, ospedali psichiatrici, servizi psichiatrici di diagnosi e cura, e altri mondi  impossibili.

Giraldello G., Pellegrini M. ( a cura di)  Se io sono la lingua. Aldo Piromalli e la scrittura dell’esilio, Sensibili alle foglie 2013,  

Un linguaggio suggestivo e affascinante quello con cui Aldo Piromalli, artista e poeta nato a Roma nel 1946, racconta di sé inviando in tutto il mondo le sue lettere da Amsterdam, città che lo ospita fin dai primi anni Settanta. Questo piccolo volume, che raccoglie una selezione dei suoi scritti e disegni più recenti, nasce da una positiva serie di coincidenze e di relazioni.  Nel 2010 il lavoro di Piromalli è entrato a far parte del progetto di Cesare Pietroiusti “Museo dell’arte contemporanea italiana in esilio”, su segnalazione di Giulia Girardello che era in contatto con l’artista da alcuni anni, prima attraverso il Museo Casabianca di Malo, poi direttamente tramite un’intensa corrispondenza personale.
L’anno seguente, Museo in Esilio è stato ospite al Padiglione Spagnolo per la 54ma Biennale di Venezia, all’interno del progetto “The Inadequate” di Dora Garcia. L’artista ha riconosciuto in Aldo Piromalli una figura emblematica dell’idea di inadeguatezza e di esilio e a lui ha voluto ispirarsi per il progetto “Exile”, che è stato presentato nella primavera del 2013 presso il Museo di Tel Aviv.

Esposito A.( a cura di) Come camaleonti davanti allo specchio. La vita negli spazi fuori luogo, Ad est dell’Equatore 2013

É memoria il volto di Federico. Nato a Budagne, di origini slave, bambino ha lavorato in miniera. Deportato dai nazisti a Dachau, dopo la liberazione Miro raggiunse il campo profughi di Aversa, dove poi è restato, per oltre trent’anni, internato in manicomio.
Sono luce gli occhi di Federico. Alla chiusura del manicomio, trasferito in un “istituto”, un altro lager. Miro ha ritrovato un luogo, un posto nel mondo, solo negli ultimi anni di vita, nella comunità “Alberto Varone”, a Maiano di Sessa Aurunca.
Non leggerai in queste pagine la vita di Federico, però ci siamo messi in cammino al suono di una foglia. Miro la portava alla bocca ed iniziava la melodia, a costruire orizzonti di città invisibili.
Il dovere di seguire un miraggio, null’altro è questo viaggio donchisciottesco in sella a un ronzinante di carta ed inchiostro. Nascono così cartografie di spazi altri, di eterotopie, di luoghi abitati da chi, per sopravvivere, deve farsi camaleonte davanti a uno specchio, ma la rifrazione di luce non dà pace alla fatica di mimesi e contorsione.
L’ultimo specchio è la Parola, ritrae i narratori, e, se vorrai, il lettore. Quando ci saremo scoperti noi stessi camaleonti davanti a ferite che non sappiamo sanare, allora riprenderemo il cammino, dal vulcano fino al mare, cercando la mano dell’amico, del compagno, del fratello, per tenerci nello sguardo, trovare riparo, ciascuno, alla propria fragilità.
Il disegno, opera di Sergio Cennini, è la copertina del libro “Come camaleonti davanti allo specchio. La vita negli spazi fuori luogo“, Ad est dell’Equatore 2013, story telling che raccoglie gli scritti di Luigia Melillo, Antonio Esposito, Giovanni Carbone, Elena Cennini, Fulvio Battista, Lesko Sobol Oksana, Mario Leombruno, Luca Romano, Tonia Limatola,Claudia Procentese, Ciro Marino, Imma Carpiniello, Stella Cervasio, Dario Stefano Dell’Aquila, Paola Perretta e Fabrizio Geremicca

Cervesato M.G, Tso, Sensibili alle Foglie, 2012
“TSO – Un’esperienza in reparto psichiatria” (Ed. Sensibili alle Foglie, pubblicato nella primavera 2012) è il racconto in prima persona di una settimana trascorsa all’interno di un SPDC di provincia; è preceduta da un accenno agli eventi che hanno portato a un ricovero tanto incosciente quanto volontario, e confluita in un successivo periodo di farmacologizazione e presa in carico dei servizi territoriali. La narrazione testimoniale dei giorni di reclusione all’interno del ‘repartino’ costituisce la tematica centrale del libro.

La sporca noia da trascinare con l’inchiostro dentro un foglio di fortuna per fare sera. La fosca intuizione di trovarmi in un luogo-limite di cui preservare memoria per poter, forse un giorno, accumulare qualche punto di senso: quello che gli abitanti dello spazio grigio che ci ‘ospita’, al pari mio, paiono aver scucito dal pigiama per sempre. La disarmante tristezza di fronte a una condizione di fragilità, la più umana, ma che la sorte può decidere di indirizzare verso quattro mura di freddo; e che un lancio di dadi pare poi in grado di catapultare tra i morti o abilitare alla riascesa tra mortali.

I fatti narrati risalgono a pochi anni fa, quando già ‘il manicomio era rinchiuso nei pazzi’ (cit. “TSO”) grazie agli effetti della cronificazione farmacologica; per cui al momento dell’apertura del reparto-psichiatria un pezzetto di quel muro di cinta fuoriesce dallo spazio chiuso per camminare le strade al mio fianco.

Il libro ha un andamento circolare: si apre con un viaggio oltre la soglia del conosciuto e si chiude con il rientro nel mondo non drogato da una cura apparentemente ostinata a condannare la guarigione. Con le debite eccezioni, tutt’oggi,  all’insegna di un’insensata presunzione di inguaribilità.  Come il tentativo di un dio frustrato nell’ incapacità di creare o distruggere: un dio ridotto all’infinita replica di una consumata seconda visione.

Se ne andò il manicomio; rimangono i pazzi; rinasceremo umani.
Sempre.

Magda Guia Cervesato

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