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Il Festival dei Matti ha ricevuto l'adesione
della Presidenza della Repubblica
Adesione Presidenza della Repubblica

Seminari

Discutendo di comunicazione e di legàmi, vogliamo riportare le “storie dei matti”  al centro di una riflessione culturale attenta al piano delle provenienze e dei contesti, dei bisogni e dei diritti. Di queste storie, infatti, si parla in modi opposti: all'insegna di un fondamentale "disimpegno" che sembra autorizzare ogni tipo di discorso (e di pregiudizio), oppure, all'interno di rigide cornici specialistiche in cui le parole paiono sequestrate, sottratte alla comprensione dei “profani” e al linguaggio comune.

I seminari  intendono contrastare questo “sequestro” e rimettere in piazza le parole senza però "disimpegnarle", seguendone gli assestamenti semantici fino ai loroantefatti materiali per provare a smontare i luoghi comuni e i continui fraintendimenti che imprigionano il nostro pensiero, la nostra percezione ed esperienza della follia. Per riannodare “il racconto della follia” al racconto pubblico del legàme sociale e metterlo in discussione in una cornice più ampia.

Per questo i seminari verranno condotti da persone che, attraverso la propria opera intellettuale e pratica, si sono distinte per stra-volgere i luoghi comuni intorno a questo tema, le culture della paura del “diverso”, i linguaggi che giustificano le pratiche dell’esclusione.



Legàmi per slegare

Fabrizio Gifuni, Nico Casagrande, Peppe Dell’Acqua

Venerdì 8 ottobre, ore 18.00-20.00
Teatro Goldoni
Ingresso libero

"Chi ha conosciuto il manicomio e in qualche modo è gravitato

dentro a queste esperienze ne è stato contagiato.

Perché, al di là di tutte le difficoltà,

 ha conosciuto e condiviso una circolazione di affettività

che non si trova di solito…

una passione che poi è la passione  della scoperta delle persone

 nelle esistenze più abbandonate e distrutte,

 la passione del sentirsi complici"

Franca Ongaro Basaglia

 

C’era una volta la città dei matti  non è un film sulla biografia di Franco Basaglia. E’ la storia di  tutti coloro che, a partire dagli anni 60, hanno dato vita alla battaglia culturale, politica e sociale che ha condotto alla chiusura dei manicomi, nel radicale ripensamento dei saperi e delle pratiche “di cura e custodia” da cui l’ospedale psichiatrico ricavava la propria legittimità. “Utopia della realtà”, diceva Basaglia: critica delle ideologie, costruzione di nuove reti e legàmi sociali, invenzione di un  "noi" trasversale  a generazioni, biografie, linguaggi, sistemi di appartenenza. Soprattutto, l’istituzione pubblica come agorà: luogo di apprendimento collettivo, scuola di democrazia. È stato questo il vero antidoto alle pratiche di internamento, il motore della liberazione e della restituzione di diritti. Non di diritti speciali, ma di diritti per tutti.  Un’ azione spesso  tesa, rischiosa e gravida di contraddizioni ma capace di generare passioni.

In questo mondo di passioni tristi, di razionalità micragnose e spassionate che perseguono libertà senza legàmi o legàmi senza libertà, solitudini e pensieri unici, possiamo tornare a quella storia ed accettarne il contagio?

 

Fabrizio Gifuni

Terminati gli studi all'Accademia Nazionale d'Arte drammatica "Silvio D'Amico", debutta in teatro nel 1993, nell' Elettra di Euripide per la regia di Massimo Castri, che lo dirigerà ancora nella Trilogia della villeggiatura di Goldoni. Collabora successivamente con Sepe,  Terzopoulos e Malosti. E’ ideatore e interprete di diversi spettacoli, fra cui:‘Na specie de cadavere lunghissimo (da P.P.Pasolini e G.Somalvico) -  premio Hystrio 2004 – e L’ingegner Gadda va alla guerra o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro (da C.E.Gadda e W.Shakespeare)-  Premio dell’Ass. Naz. critici teatrali nel 2010 - entrambi per la regia di Giuseppe

Fra i suoi film (oltre una ventina): Così ridevano di G. Amelio (Leone d'oro al Fest. di Venezia 1998), Il partigiano Johnny di G. Chiesa, Hannibal di R. Scott,La meglio gioventù di M. T. Giordana (premiato al Festival di Cannes),  La ragazza del lago di A. Molaioli, Galantuomini di E. Winspeare.  In televisione è statoAlcide De Gasperi  (con L. Cavani), PaoloVI  (con F. Costa) e Franco Basaglia  (con M. Turco).

Rivelazione europea  al Festival di Berlino nel 2oo2, nello stesso anno riceve  il Globo d'oro della stampa estera e il Premio De Sica  per la stagione cinematografica.  Nel 2010 è premiato come miglior attore al Fesitval di Montecarlo e al Roma Fiction Festival per la sua interpretazione di Franco Basaglia.
 

Nico Casagrande

Laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in Clinica delle Malattie Nervose e Mentali presso l'Università di Bologna

Dal 1965 al 1978 collaboratore del prof. Franco Basaglia presso l’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Gorizia, di cui è stato anche Direttore dal 1971 al 1972, poi all’ l'Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste fino al 1978

Dal 1978 al 1992 direttore dei Servizi Psichiatrici del Centro Storico e dell'Ospedale Psichiatrico S.Clemente di Venezia e coordinatore unico del Dipartimento di Psichiatria.

DaI 1992 al 31.1.2003 Dirigente Sanitario dei servizi del Territorio della U.L.S.S. di Venezia di cui è stato anche Direttore Sanitario dal 16.7.1996 al 30.12.1996.

Dal 17.6.2003 al 2.07.07 Direttore Sanitario e Socio-Sanitario dell’Istituto “Costante Gris” di Mogliano Veneto (Treviso) e dal 03.07.07 consulente per la ULSS9 di Treviso presso lo stesso Istituto.

Dal 1982 fino a soppressione, componente esperto di Salute Mentale del Comitato Scientifico della Programmazione Sanitaria del Comune di Venezia. Dal 2004 a tuttoggi esperto del Sindaco del Comune di Venezia della Consulta per la tutela della salute

Dal 2007 componente del Comitato Scientifico dell’Istituto per le Ricerche e gli Studi sull’Emarginazione Sociale e Culturale (I.R.S.E.S.C.) di Venezia (Isola di S.Servolo).

 

Peppe Dell’Acqua

salernitano, classe 1947, psichiatra, che ha avuto la fortuna di iniziare a lavorare con Franco Basaglia fin dai primi giorni triestini, partecipando all’esperienza di trasformazione e chiusura dell’Ospedale Psichiatrico. Tuttora vive a Trieste ed è il Direttore del Dipartimento di Salute Mentale.

Insegna psichiatria sociale presso la Facoltà di Psicologia dell’Ateneo di Trieste.

Nel 1988 pubblica per Edizioni Sapere 2000, insieme a Roberto Mezzina “Il folle gesto” che raccoglie l’esperienza sulla questione della perizia psichiatrica e del lavoro presso il carcere e nell’ospedale psichiatrico giudiziario. Il testo, che raccoglie 15 perizie psichiatriche , pone particolare attenzione alla narrazione.

Nel corso dell’attività lavorativa ha svolto e organizzato molteplici attività di consulenza scientifica ed organizzativa in varie sedi in Italia, in Europa e nelle Americhe tenendo cicli di conferenze, seminari, verifiche tecniche.  Segue con particolare attenzione l’aspetto della comunicazione e della formazione, sia degli operatori che delle famiglie di persone con disturbo mentale. Ha pubblicato un manuale, “Fuori come va? Famiglie e persone con schizofrenia”, rieditato nella III edizione da Feltrinelli Editore (2010), che completa e riassume il percorso di ricerca nel campo del sostegno alle famiglie con persone con disturbo mentale.

E’ tra i promotori del Forum Salute Mentale, avamposto per la tutela dei diritti delle persone con disturbo mentale.

Nel 2007 ha pubblicato il libro-testimonianza “Non ho l’arma che uccide il leone. Trent’anni dopo torna la vera storia dei protagonisti del cambiamento nella Trieste di Basaglia e nel manicomio di San Giovanni”, con una inedita prefazione di Basaglia (Stampa Alternativa, Viterbo).

 


Due mondi - e io vengo dall’altro*

Roberto Escobar, Giovanna Gallio, PierAldo Rovatti

Sabato 9 ottobre, ore 21.00-23.00
Teatro Goldoni
Ingresso libero

* Cristina Campo


"A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono

la vita della città, gli abitanti

tendono dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco e neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza. Quando i fili sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via; le case vengono smontate;

 restano solo i fili e i sostegni dei fili. 

Dalla costa d'un monte, accampati con le masserizie, i profughi di Ersilia guardano l'intrico di fili tesi e pali che s'innalza nella pianura. E' quello ancora la città di Ersilia, e loro sono niente. Riedificano Ersilia altrove. Tessono con i fili una figura simile che vorrebbero più complicata e insieme più regolare dell’altra. Poi l’abbandonano e trasportano ancora più lontano sé e le case. Così viaggiando nel territorio di Ersilia incontri le rovine delle città abbandonate, senza le mura che non durano, senza le ossa dei morti che il vento fa rotolare: ragnatele di rapporti intricati che cercano una forma."

Italo Calvino

 

Si dice "cose dell'altro mondo" per scansare, da quello a cui apparteniamo, qualcosa che ci smentisce, contraddice, rinnega. Si dice "cose da matti"  per segnare un confine e un altrove da cui prendiamo le distanze. Ce ne andiamo dalle contraddizioni e  dai nodi di Ersilia, e ne facciamo un altro mondo, opposto al nostro, per paura, finzione, malafede.  Lasciamo rovine e rapporti senza forma. Cadaveri diventati vento. Ma continuiamo a venire da lì, dalla “città degli scambi”, dalla ragnatela dei rapporti intricati. E se potessimo vedere, come dice Basaglia, che "non è la contraddizione che uccide l"uomo ma l"opposizione", lì potremmo cominciare a tornare.

 

 

 

Roberto Escobar

professore di Filosofia politica presso l'Università di Milano e collaboratore alla Domenica del quotidiano Il Sole 24 Ore come critico cinematografico. Nelle sue ricerche filosofiche ha indagato i fondamenti antropologici delle dinamiche dei meccanismi di potere, con particolare riguardo ai movimenti politici totalitari del Novecento, allo scopo di recuperare uno nuovo spazio di riflessione su categorie quali libertà, ordine, esclusione, paura, persecuzione e sorveglianza. Tra le sue opere: Metamorfosi della paura (Bologna 1997); Totò. Avventure di una marionetta (Bologna 1998); Il silenzio dei persecutori, ovvero il coraggio di Sharazad (Bologna 2001); Nietzsche politico (Milano 2003); La libertà negli occhi (Bologna 2006).

 

Giovanna Gallio

svolge attività di ricerca, progettazione formativa e insegnamento in campo psichiatrico e sociosanitario. Psicologa e psicoterapeuta, di formazione filosofica, si è molto dedicata a ricerche storico-archivistiche sui movimenti di riforma della psichiatria, all’analisi di casi e alla descrizione di particolari esperienze raccontate con la voce degli “attori”.

Sotto la direzione di Franco Basaglia – conosciuto a Parma nel 1970, quand’era ancora studente, e poi a Trieste – ha svolto attività di ricerca sul campo nella fase di superamento e chiusura dell’ospedale psichiatrico [cfr. il libro “La libertà è terapeutica? L’esperienza psichiatrica di Trieste” – scritto nel 1984 in coll. con M. G. Giannichedda, O. De Leonardis, D. Mauri (ed),  Feltrinelli, Mi]. L’analisi dei modelli organizzativi dell’assistenza territoriale e l’evoluzione degli stili professionali, prima e dopo la riforma, sono diventati l’oggetto centrale del suo lavoro negli anni successivi, quando è entrata a far parte del Centro Studi per la Salute Mentale del Friuli Venezia Giulia (Collaborating Center dell’OMS).  

Attualmente collabora con il “Laboratorio di filosofia contemporanea” di Trieste, diretto dal prof. Pier Aldo Rovatti. È membro del comitato scientifico della “Fondazione Franco e Franca Basaglia” (Venezia).  

Tra i libri pubblicati:

(2009) ha curato il numero monografico della rivista di filosofia aut aut, intitolato “Basaglia a Colorno – I verbali delle riunioni di staff e di comunità nell’ospedale psichiatrico di Parma (1970 - 1971), in aut aut n. 342, il Saggiatore, Milano;

(2008) Trieste dove, con P. Rigoni e G. Carena, Edizioni “e”, Trieste;

(2000) Ai confini del lavoro,  Asterios Editore, Trieste;

(1991) Nell’impresa sociale - Cooperazione, lavoro, riabilitazione, culture di confine nelle politiche di salute mentale, Edizioni ‘e’, Trieste;

(1988) Curare e punire - Problemi e innovazioni nei rapporti tra psichiatria e giustizia penale con O. De Leonardis, D. Mauri, T. Pitch, Unicopli, Milano.

 

PierAldo Rovatti

insegna Filosofia teoretica e Filosofia contemporanea a Trieste. Si è formato a Milano alla scuola fenomenologica di Enzo Paci. Dal 1976 dirige la rivista “aut aut”. Nel 1983, con Gianni Vattimo, ha pubblicato Il pensiero deboleLa posta in gioco (1987, Mimesis 20102), Abitare la distanza (1994, Cortina 20072), Il paiolo bucato (Cortina 1998), La follia in poche parole (Bompiani 2000), La scuola dei giochi (Bompiani 2005, con Davide Zoletto), La filosofia può curare? (Cortina 2006), Possiamo addomesticare l’altro? (Forum 2007), Etica minima (Cortina 2010). (Feltrinelli, poi tradotto in varie lingue). Si è occupato soprattutto della questione del soggetto e delle sue trasformazioni nel pensiero contemporaneo, con particolare riferimento alla filosofia francese (Sartre, Lévinas, Foucault, Derrida), al rapporto tra filosofia e psicanalisi (Jung, Lacan) e tra filosofia e psichiatria (Basaglia), lavorando sui temi del bisogno e del desiderio, del gioco e del paradosso. Negli ultimi anni ha pubblicato