favole identitarie 2022

XII edizione

23-26 giugno 2022

Venezia

favole identitarie 2022

Sano, malato, normale, matto, cittadino, straniero, regolare, irregolare, abile o disabile sono parole di un vocabolario di larghissimo consumo, ritenute necessarie a dire chi siamo, da dove proveniamo, a cosa apparteniamo, cosa ci si può aspettare da noi, come abitiamo il nostro ordine del mondo. Parole che sanciscono la nostra identità, il nostro profilo sociale.

Ma queste parole ci servono o ci asservono? Di cosa sono fatte le identità di cui parlano, di quali discorsi, saperi e poteri si sostanziano?

Parleremo di favole identitarie perché, dietro le quinte di quelle parole si scorgono racconti impastati di invenzione e consolazione, racconti monolitici, lacunosi, ignari delle proprie zone d’ombra, dimentichi della propria genealogia; racconti fortezza a cui assegniamo il compito di precederci, di farci strada, di darci collocazione morale e politica ma che rischiano di inchiodarci a trame senza via d’uscita. Raramente, infatti, fatte salve lievi varianti private che ci danno l’idea di potervi appartenere contrattandone il finale, le favole identitarie danno agio a movimenti che possano smentirle. Ben più spesso, se non le teniamo d’occhio, disegnano mondi di pietra in cui diventa impossibile abitare.

A queste favole il pensiero critico cerca di opporre resistenza e può riuscirci almeno fino a che non smarrisce la consapevolezza delle proprie contraddizioni trasformandosi esso stesso in una favola identitaria, forse persino più insidiosa delle altre.

 

Non avevamo immaginato di ritrovarci qui, in questo spazio di attese e sospensioni a esorcizzare ancora il futuro, rifattosi minaccia. Non sapevamo che un altro spettro ci avrebbe conteso l’immaginazione, i pensieri, i battiti del cuore, che avremmo di nuovo trattenuto lo sguardo a spazi e tempi confinati interrogandoci sui dispositivi identitari, sulla loro autocombustione nel solco di pandemie e guerre che pure ne sono il frutto più feroce; non pensavamo di sentire così forte il bilico, di immaginare così bene la deriva.

Da qui lo stesso tema, che da due anni ci trattiene, le favole identitarie, e gli effetti che producono, le traiettorie annunciate e abbandonate e quelle nuove necessarie, da tracciare sopra il vuoto, come ragnatele appese all’invenzione di prese improvvisate.

Apriremo i battenti, giovedì 23 giugno alle 21.00, nello straordinario auditorium dell’M9- Museo del ‘900, con un omaggio a due giganti dello spiazzamento, Claudio Misculin e la sua Accademia della Follia, il teatro dei matti che stravolge il teatro e la vita,, e Giuliano Scabia poeta e drammaturgo visionario, narratore di in un mondo assediato dalla propria fine che si scosta dall’ assedio tramutando la tragedia in commedia, in un volo che a terra non riporta mai la propria ombra.

Venerdi mattina, nello splendido chiostro dall’Accademia di Belle Arti, con le nostre studentesse e i nostri studenti ideatori di un laboratorio aperto al pubblico e con Riccardo Ierna e Pierangelo Di Vittorio, proveremo ad azionare il pensiero critico contro l’artefatto dell’identità, mettendo spalle al muro le parole -matto, normale, sano, malato, libertà, custodia- per vedere quali giochi ci riservano, quali addensamenti e quali rarefazioni identitarie rendono possibili, quale sapere permettono di trasmettere.

Nel pomeriggio discuteremo dei soggetti cancellati dall’incapacità di intendere e volere -decretata da una legge fascista ancora in uso e da una scienza troppo spesso ancora al suo servizio; ascolteremo le Litanie nervose di Marco Simonelli, la poesia che affonda sulla scena della “depressione”, terreno di una disputa identitaria dolorosa e mai risolta. Insieme alle scrittrici Francesca Genti, Giulia Cavaliere e Laura Pezzino e i loro racconti inediti ascolteremo le ballate brucianti di Edith Piaf, Nina Simone e Patty Smith, tre artiste meravigliose che continuano a incantarci e da cui non smettiamo di imparare. Chiuderemo la serata, infine, con la piccola orchestra MDM provando a farci portare “altrove” dalla musica dal vivo.

Sabato mattina, ospiti nel magnifico Teatrino di Palazzo Grassi, con Annacarla Valeriano, Maria Teresa Sega, Alberta Basaglia e Federica Esposito ci interrogheremo sulle molte questioni aperte da Franca Ongaro Basaglia che ha saputo cambiare il corso alle narrazioni identitarie, mostrando il tramutarsi della storia e dei rapporti di potere in fatti di natura e verità tutte d’un pezzo: salute malattia, maschile, femminile, libertà, assoggettamento, legami e solitudine. Subito dopo, con il filosofo Pierangelo Di Vittorio e il giornalista Antonio Esposito cercheremo di capire cosa svelano le voci degli archivi e perché, se ci mettiamo davvero in loro ascolto, finiscono per impedirci di dormire.

Parleremo poi dei solchi scavati nella lingua e nella pietra e nella storia da Nella Nobili, Virginia Wolf e Camille Claudel insieme alle poete Maria Grazia Calandrone, Mary Barbara Tolusso e Anna Toscano e ascolteremo gli incubi e la follia di Lucrezio nel reading e nel racconto poetico di Milo De Angelis e Viviana Nicodemo,a partire da quel capolavoro senza tempo che è il De Rerum natura , ritradotto magistralmente da De Angelis che riporta a noi le riflessioni e gli slanci di straordinaria attualità che lo attraversano. Renderemo omaggio a Vitaliano Trevisan con le sue stesse parole, parole aspre che sbeffeggiano l’ipocrisia e i buoni sentimenti della nostra più comune favola identitaria, quella del lavoro idolatrato e del saccheggio delle vite

La sera, vedremo in scena i ragazzi dell’Atelier dell’Errore in una performance poetica tratta dai versi di Ezra Pound che rimanda alla potente installazione site specific ospitata alle Procuratie Vecchie, Home della fondazione The Human Safety Net e intitolata Chutzpah, e discuteremo insieme a Massimo Cirri con Luca Santiago Mora, Angela Vettese del lavoro di questo straordinario collettivo artistico, refrattario alle identità costituite e dell’ arte che sempre ci insegna a non restarne imprigionati.

La domenica mattina, sempre ospiti del magnifico Teatrino di Palazzo Grassi, riprenderemo i nostri incontri portando l’attenzione su ciò che accade quando qualcuno tiene insieme l’identità di “migrante” e quella di “matto”, come la doppia appartenenza raddoppi l’ipoteca sui diritti, le sopraffazioni, la scomparsa dei soggetti. Ancora, nel pomeriggio, incontreremo la Storia che rimane sempre “aperta”nelle parole e nelle storie di Davide Orecchio, in cui viaggiano insieme l’archivio e l’invenzione, il documento storico e la poesia, il fascismo e il comunismo, l’affetto per un padre e la distanza quasi incolmabile tra un figlio e un genitore. Racconteremo poi l’osceno di ogni guerra e il suo proseguire ben oltre la pace dei trattati, insieme a Beppe Caccia di Mediterranea, a Rossella Miccio di Emergency, a Francesco Vacchiano con ‘antropologia della salute. Torneremo infine alla poesia, con Anna Toscano e le sue 50 poete che lei chiama con il nome proprio e che ci insegnano a riscrivere i finali.

Vorremmo che questa edizione Festival dei Matti svelasse come le parole che rimettiamo in gioco dall’inizio si possano piegare a scene ben diverse, come sia facile servirsene per omologare mondi, far sparire differenze, impedire che il pensiero critico si eserciti. Da 12 anni noi ci ostiniamo in quest’impresa per riprendercele, rilanciarle e tentare con loro un’altra storia. Ma voi, cari amici del Festival, questo di certo lo sapete.

Vi aspettiamo